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"Il mattino di Avellino" - Artista Ingegnere 14 Agosto 2025 a cura di Rita Paola Maietta --
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Intervista Integrale
L’Irpinia ha inciso profondamente nel mio percorso artistico, è parte integrante del mio sguardo sul mondo. Nonostante ami viaggiare e confrontarmi con realtà diverse, sento un legame viscerale con la mia terra: Ariano Irpino, i colori cangianti delle colline, i borghi sospesi nel tempo, la luce limpida che accarezza i paesaggi e le persone. Le mie prime opere nascono proprio da questa intimità con il territorio: scorci, tramonti, emozioni vissute. Col tempo, la mia pittura si è evoluta verso un linguaggio più contemporaneo, ma nel mio stile resta viva la memoria del figurativo, l’armonia della composizione e la forza espressiva del colore, che è anche una forma di radicamento emotivo alla mia terra. Il mio studio d’arte è l’espressione di quanto ami questi angoli di paradiso.
Fin da bambino ho nutrito una passione profonda sia per il disegno che per la matematica. Erano le due dimensioni in cui la mia mente riusciva a muoversi con naturalezza, quasi con leggerezza. In entrambe trovavo gioia e libertà: la prima mi permetteva di esprimere emozioni e visioni interiori, la seconda di dare ordine e struttura al pensiero. Già allora, senza saperlo, stavo costruendo le fondamenta del mio modo di essere e di creare: un equilibrio tra razionalità e intuizione che ancora oggi alimenta il mio lavoro, sia in ambito scientifico che artistico. Nel mio essere c’è sempre stata una sorta di contesa silenziosa tra la parte razionale e quella emotiva, quasi come un dialogo interiore costante tra mente e cuore. Da un lato, la razionalità mi ha guidato nelle scelte professionali, nel rigore del lavoro scientifico, nella ricerca. Dall’altro, l’arte ha sempre rappresentato il mio spazio di libertà, il luogo in cui posso esprimere ciò che non si può calcolare: emozioni, intuizioni, visioni. Questo dualismo non è mai stato un ostacolo, anzi, è diventato col tempo una risorsa. Nella pittura, riesco a far convivere questi due mondi: la struttura incontra l’istinto, la composizione dialoga con il colore, e ciò che nasce sulla tela è il risultato di un equilibrio sempre nuovo, mai scontato. Razionalità e intuizione per me non sono mondi opposti, ma dimensioni complementari. La ricerca, l’osservazione attenta, l’analisi del dettaglio convivono con la libertà del gesto creativo, con l’immediatezza dell’intuizione. Quando dipingo, sento che la struttura – la composizione, l’equilibrio dei pieni e dei vuoti, la tensione delle forme – è spesso il frutto di una mente allenata alla progettualità, ma è l’emozione, l’istinto, a dare vita all’opera. Un altro aspetto fondamentale è la mia totale libertà espressiva. Non avendo la necessità di vendere le mie opere per vivere, posso permettermi di seguire solo ciò che sento autenticamente, senza compromessi. Questo mi consente di esplorare, di sperimentare, di essere vero. E forse proprio questa libertà – rara e preziosa – è ciò che dà senso più profondo alla mia pittura.
Fin da bambino, il disegno e il colore sono stati per me una presenza costante, quasi naturale. Non ricordo un momento preciso in cui ho “scelto” l’arte: è lei che ha scelto me, accompagnandomi silenziosamente, giorno dopo giorno. Ho sempre dipinto, spinto da un bisogno viscerale di esprimermi attraverso le immagini. La pittura è stata per me come una dolce amante, fedele e silenziosa, che non mi ha mai abbandonato. È il mio primo vero amore: mi ha sostenuto, consolato, ispirato. Anche nei momenti più complessi della vita, l’arte è rimasta lì, accanto a me, come un rifugio e al tempo stesso una spinta a guardare oltre. Pur essendo autodidatta, non ho mai smesso di studiare: ho approfondito tecniche, linguaggi, la storia dell’arte e il lavoro dei grandi maestri. È stata forse la mia mente matematica – analitica, metodica – a spingermi inconsciamente verso questo tipo di ricerca, a voler comprendere a fondo ciò che amavo istintivamente. Così, la passione si è trasformata in disciplina, e l’intuizione ha trovato una struttura. È lì che ho capito che l’arte non era solo una parte della mia vita: era la mia vita.
Ho avuto una vita segnata da forti contrasti interiori. Da un lato, la pittura mi ha sempre offerto una via di fuga dagli schemi, un modo per evadere, per respirare: è stata la mia medicina doloris. Dall’altro, il pensiero razionale mi ha permesso di restare ancorato alla realtà, di non perdere l’equilibrio. Dentro di me convivevano due forze opposte, ma complementari. Ho sempre desiderato trovare uno stile che fosse davvero mio, che mi rappresentasse in modo unico, e per anni ho dipinto in continua ricerca, sperimentando, cercando un linguaggio personale. La svolta arrivò in una notte insonne nell’inverno del 2006, durante una delle tante notti insonni segnate da ansie e insicurezze. Qualche giorno prima avevo dipinto una marina dai toni delicati: una donna distesa sulla spiaggia guardava delle barche all’orizzonte. Era un quadro pacato, armonioso. Quella notte, in preda a un’energia quasi irrazionale, trovai casualmente un rotolo di nastro adesivo per carrozzieri e, d’impulso, cominciai a tracciarvi sopra delle forme geometriche. Linee di fuga, strutture, sovrapposizioni. Era un gesto istintivo, quasi rabbioso, ma denso di significato. Il giorno dopo, mio fratello mi disse che avevo rovinato quel bel dipinto. Ma io sentivo che non era così: per la prima volta avevo unito visivamente i due aspetti più profondi del mio essere. Quel dipinto, che poi ho intitolato La scoperta, ha segnato l’inizio di un linguaggio nuovo: al figurativo tradizionale si sovrapponeva una struttura geometrica che dava profondità, tensione, architettura. Non era solo una sovrapposizione di segni, ma una sintesi tra forma e significato, tra caos ed equilibrio. In quel gesto c’era tutto: la mia inquietudine, la mia razionalità, la mia voglia di rompere e ricostruire. Era la mia firma, non scritta ma dipinta. Da lì è nata una serie di opere che hanno definito quello che oggi chiamo Dualismo: uno stile formale, interpretativo e allegorico, che tiene insieme le mie due anime – quella scientifica e quella emotiva – in un dialogo continuo, vivo, mai pacificato ma profondamente autentico.
Tra i prossimi appuntamenti più significativi c’è una mostra a cui tengo particolarmente: dal 4 al 18 ottobre 2025 sarò presente a Lecco, presso il Monastero del Lavello a Calolziocorte, con un’opera ispirata ai Promessi Sposi, all’interno di una rassegna curata dal critico e storico dell’arte prof. Giorgio Gregorio Grasso. Il mio lavoro, intitolato Il rapimento di Lucia, va oltre la semplice rappresentazione di un episodio del romanzo manzoniano: vuole essere una denuncia visiva, una riflessione sociale forte. Lucia diventa il simbolo universale di tutte le donne vittime di abusi e sopraffazioni. L’opera sarà pubblicata nel catalogo ufficiale della mostra e presentata anche in TV sul canale 244 del digitale terrestre (Arte e Cultura). Sempre in ottobre, dal 18 al 26, parteciperò alla XV Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Firenze, una delle manifestazioni artistiche più prestigiose del panorama italiano, che si terrà presso la Fortezza da Basso. Attualmente sono inserito nel 60° Catalogo dell’Arte Moderna (CAM) curato da Giorgio Mondadori, edito da Cairo Editore, disponibile nelle principali librerie italiane come Feltrinelli, De Agostini e IBS. Inoltre, a gennaio 2026, sarà pubblicata la mia presenza anche nell’Atlante dell’Arte Contemporanea, edito da Giunti in collaborazione con il Metropolitan Museum di New York. L’Atlante sarà presentato ufficialmente al MoMA e distribuito nelle principali librerie italiane. A questo si aggiunge una mostra permanente dal titolo Le sfere dell’anima, allestita presso il Comune di Zungoli, un progetto a cui sono particolarmente legato e che rappresenta un percorso artistico intimo, radicato nel territorio e nella mia ricerca interiore.
Credo fermamente che, se si possiede una vena artistica – qualunque essa sia – non solo sia giusto coltivarla, ma anche necessario farlo. L’arte è una chiamata interiore, e chi la sente non può ignorarla. Bisogna lasciarsi trasportare dalla passione, senza lasciarsi condizionare dal giudizio degli altri, delle istituzioni o da percorsi predefiniti. Nessuno può davvero giudicare un’emozione autentica. Nessuna accademia può sostituire ciò che nasce dal profondo, né forgiare l’essenza vera di una persona. Un artista crea, prima di tutto, per sé stesso. L’arte è un’estensione dell’anima, è il proseguimento di quel misterioso processo creativo che appartiene alla natura e – per chi crede – a Dio. Quando dipingo, sento che sto compiendo un viaggio pur restando fermo, attraversando paesaggi interiori fatti di ricordi, intuizioni, emozioni. Spesso il ricordo più bello si mescola con quello più doloroso, e viceversa. L’arte ha questo potere straordinario: trasforma, rielabora, sublima. Ti insegna a dare un senso anche al vuoto, a riempire la vita di emozioni che diventano memoria. Il mio messaggio ai giovani irpini è questo: seguite ciò che vi rende vivi. Anche se la vostra strada professionale vi porta altrove, non lasciate che la parte creativa di voi si spenga. L’arte è una forma di libertà, e la libertà è sempre una scelta coraggiosa. Costruitevi il vostro angolo di paradiso
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